Eron: FOLL♥W

Pioniere del writing in Italia, ERON ha successivamente evoluto il suo linguaggio in senso figurativo, affrontando spesso temi sociali attraverso una ricerca che lo qualifica, oggi, tra i più dotati e virtuosi interpreti della scena dell’arte urbana e della pittura contemporanea internazionale. (fonte Enciclopedia Treccani).

ERON ha dipinto ed esposto in molte parti del mondo tra cui: Chelsea Art Museum (New York), Biennale di Venezia, Horizon One Gallery – Museum of Modern Art di (El Cairo), PAC – Padiglione Arte Contemporanea di (Milano), Civic Centre Ozumba of Lagos – (Nigeria), Blue Project Foundation – (Barcelona), MACRO – Museo d’Arte Contemporanea (Roma), NuArt Festival (Norvegia), Hamlet Festival (Danimarca), Palazzo delle Esposizioni (Roma), MAR – Museo d’Arte della Città di Ravenna, Italian Cultural Institute (New York).

FOLL♥W è il titolo dell’opera che l’artista ha pensato per il Salone degli Incanti di Trieste. Come di consueto, ERON crea le proprie opere ispirandosi al luogo stesso. In questo caso, l’artista ha deciso di sfruttare l’architettura dell’edifico trasformando lo spazio in una sorta di luogo sacro grazie ad una parte installativa ed una parte pittorica che si integrano alla struttura esistente. L’installazione è composta da alcuni elementi architettonici che formano un altare e dalla disposizione simmetrica di alcune panche da Chiesa, oltre alla collocazione di due confessionali modificati per contenere una video installazione che documenta la realizzazione di varie opere a tema sociale realizzate dall’artista in giro per il mondo come se concettualmente i confessionali stessi mostrassero i peccati dell’umanità. Il tutto va ad “incorniciare” l’opera pittorica realizzata direttamente in loco su una grande tela di 190 x 480 cm. Una pala d’altare che ha come soggetto una trama di fili spinati davanti ad un cielo nuvoloso da cui affiora una luce pallida che ricorda la forma di un cuore. Un cuore non come simbolo romantico ma come strada da seguire appunto FOLL♥W. Un’opera che in un’epoca di paura, incomprensioni e diffidenza, rappresenta il concetto di amore universale inteso come speranza di pace, armonia, non violenza, rispetto, compassione e serenità che il mondo non ha ancora raggiunto.

L’intervento si terrà nel Salone degli Incanti di Trieste e culminerà con il completamento e la presentazione dell’opera mercoledì 13 settembre 2017 alle ore 18:30. Nei giorni precedenti sarà possibile seguire l’artista al lavoro, durante la fase di allestimento e realizzazione dell’opera, nei seguenti orari:
7 settembre 2017 / 17:00_21:00
8_12 settembre 2017 / 11:00_21:00
Ingresso libero.
INFO: triestecultura.it / eron.it


Essere ERON

Per giungere a una definizione, seppur semplificata, della ricerca di ERON, la mostra triestina ha almeno tre punti nodali da cui partire e che vanno brevemente accennati prima di tuffarsi, o meglio, volare, nell’universo ERON.

Il primo è dato da alcuni elementi giuliani che portano l’artista a ritrovare una parte delle sue radici. Merito non solo della sua metà paterna ma di un inaspettato Caronte, traghettatore verso questi lidi. Pochi, infatti, come l’entusiasta collezionista Paolo (Cavallini) seguono con passione i passi dei ‘loro’ artisti e li promuovono con mostre, come questa di ERON – sinfonica e unica poiché creata, appunto, per l’occasione – che hanno il merito di espandere, come un nucleo infuocato, la loro forza su chi si accosta all’opera.

Il secondo è dato dalla ritrosia di ERON nel comparire o rilasciare interviste. In un’epoca social dove tutti sentono la necessità di mostrarsi, di possedere followers per calcolare il proprio peso specifico nella società, ecco che ERON parla attraverso la sua opera. Sono fiero di non avere contatti con lui di tipo personale; non guardo alla sua opera perché provo simpatia, perché è un criminale o perché ha compiuto gesti eroici. Semplicemente perché crea universi e illusioni – forse sinonimi – nei quali immergersi. Sapere di Caravaggio assassino, ne fa un genio minore? Sapere di un Celine antisemita, ne cambia l’immortale prosa? Chiaramente no.

Il terzo è il mondo dei graffitisti, o writers come vengono chiamati impropriamente. Quando insegno ai miei ragazzi il graffitismo – ormai richiesta sempre più urgente tra i giovani – mi accorgo, e in questo momento sarà contento ERON, che anche il suo nome rientra tra le celebrità del genere. Ma, si nota subito una differenza rispetto a tutti gli altri nomi leggendari di questa tecnica. Albrecht Penck il pioniere provocatore che spaventava la Stasi, Keith Haring certamente il più stilizzato e festoso nell’immaginaria carrellata dei nostri, poi Basquiat il più pittorico e brutale, sino a giungere ai più vicini – cronologicamente – Banksy, provocatore immediato in chiave pop e Olivier Monmagnon teorico di successo e abilissimo a ‘imbrattare’ i treni, come dissero i poliziotti che lo arrestarono alla stazione di Fossano…

ERON è diverso da ognuno di quelli che ho appena citato; il suo è un mondo che ci porta a volare, di un realismo non pedante – nulla a che vedere con un virtuosismo a tratti stucchevole alla Sciltian – e che pare espandersi partendo da semplici forme. Come un creatore di origami che da un semplice foglio, piegandolo alla sua volontà e maestria manuale, lo trasforma in un magnifico cigno. Non è un caso se la sua arte è entrata negli spazi sacri. E ci porta verso il cielo con il volo delle colombe usando una bomboletta spray. Fa affiorare drammi e calamitarci verso buchi neri, fischiettando. Non è arte antica e non è arte contemporanea. Non dobbiamo cercare un concetto temporale a cui aggrapparci ma guardare sbalorditi a quel che compie: “ci sono pittori che trasformano il sole in una macchia gialla, ma ci sono altri che con l’aiuto della loro arte e della loro intelligenza, trasformano una macchia gialla nel sole”. Questo è ERON.

Matteo Gardonio

Eron. – Pseudonimo dell’artista italiano Davide Salvadei (n. Rimini 1973). Pioniere del writing in Italia, ha successivamente evoluto il suo linguaggio in senso figurativo, attraverso una ricerca che lo qualifica, oggi, tra i più dotati e virtuosi interpreti della scena dell’arte urbana e della pittura contemporanea, raggiungendo riconoscimenti e consensi internazionali. Nonostante la formazione accademica presso la Scuola d’Arte di Urbino, il primo insegnamento nel campo dell’espressione creativa ed artistica gli viene dalla strada. E. inizia a praticare i graffiti all’età di quindici anni, nel 1988: a quella data uno dei primissimi esponenti sul suolo nazionale, soprattutto considerando una realtà periferica come quella riminese. Dopo parecchi anni di attività illegale e decine di vagoni dipinti con uno stile riconoscibile e di significativa influenza locale e nazionale, E. mette a frutto, mischiandole armonicamente, le sue esperienze di accademia e di strada. Prende vita una pittura fortemente evocativa, che si avvale dell’utilizzo virtuosistico ed iper-sensibile dello spray, di cui sfrutta al massimo la peculiarità di restituire un effetto visivo incorporeo e fumoso, derivante dalla facoltà di controllare la forza e la consistenza del getto. Ne deriva uno sfumato delicatissimo – con un effetto sfocato che può ricordare molto da vicino l’estetica di alcuni dipinti figurativi di G. Richter – , amante delle tonalità sabbiose, che eleva la tecnica dello spray alla pittura convenzionale, confondendone gli esiti ed eguagliandola nella capacità di mimesis del reale, dove in alcuni casi l’inganno ottico è talmente sorprendente da trarre in inganno lo spettatore. Emblematico in tal senso è l’episodio che vede coinvolto nel 2014 un operaio chiamato alla riverniciatura delle pareti del Museo d’Arte di Ravenna, il quale, non accorgendosi della finzione pittorica di un buco che l’artista aveva realizzato sul muro per l’esposizione appena conclusa, lo stucca. Tipico delle sue composizioni è il passaggio sequenziale o l’accostamento tra una traccia abbozzata, spesso nella sembianza di un disegno infantile, e una forma altamente definita in senso realistico. Proprio l’atto del disegno e della scrittura è uno degli aspetti più indagati nella sua poetica d’immagine, quale inesauribile forza di espressione umana. Le sue opere, inoltre, possono includere temi sociali non banali ed offrire allo spettatore un’esperienza che non si arresta al solo godimento visivo, attraversando molteplici livelli sensoriali. L’intervento più noto di E. è il notevole lavoro eseguito per il soffitto della chiesa di San Martino in Riparotta a Rimini, caso quasi unico al mondo di introduzione della tecnica artistica a spray in un contesto sacro. L’opera, intitolata Forever and ever..nei secoli dei secoli (2010) è un grande “affresco” contemporaneo, e come un manifesto stimola, attraverso il lucido talento dell’artista, una piena riflessione sulla considerazione dei graffiti all’interno dell’universo artistico contemporaneo. Un’altra interessante ricerca di E. è la serie di opere che prende spunto dal fenomeno percettivo conosciuto con il nome di pareidolia, una tendenza istintiva che associa immagini dall’apparenza nota a forme disordinate e casuali. A partire da macchie di umidità e muffa di vecchi muri la pittura dell’artista si fonde poeticamente agli evanescenti segni di decadimento naturale della superficie, creando suggestive visioni figurative che improvvisamente appaiono in tutta la loro trasparente imponenza. Le pareti, così, sembrano trasudare frammenti di memoria legata al luogo. Negli anni l’artista di Rimini ha conseguito importanti attestazioni, tra cui l’elezione a miglior street artist italiano da parte di Aelle Magazine, il Premio Arte Mondadori e il Terna Prize al Chelsea Art Museum di New York. In Italia e nel mondo si ricordano le sue partecipazioni a mostre collettive in prestigiosi contesti come quelli del Padiglione d’Arte Contemporanea di Milano, dell’Horizon One Gallery – Museo d’Arte Moderna del Cairo, del Palazzo delle Esposizioni e del Museo d’Arte Contemporanea di Roma, della Biennale di Venezia e dell’Italian Cultural Institute di New York, solo per citarne alcuni.

Notizie

Condividi

Salone degli Incanti